La foto, che ritrae il cortile interno di Castel Capuano nel 1970, è stata gentilmente messa a disposizione dall'Avv. Paolo Emilio Pagano, cui va il ringraziamento della Camera.
Amicizia, costruita in anni di frequentazione pressoché quotidiana in quel tempio che fu Castelcapuano. Stima reciproca. Comunanza di valori etici e professionali. La convinzione che occorresse dare ad una categoria di professionisti - i civilisti - non tanto tutela quanto compattezza, per superarne il tradizionale (e forse autolesionista) individualismo. Furono questi i motivi che portarono un manipolo di valorosi avvocati a costituire a Napoli, nel 1975, la Camera degli Avvocati Civili.
Manipolo: piccolo gruppo di persone che lottano unite per una stessa idea. Difficilmente l’etimologia di una parola ha descritto meglio il senso di un’esperienza. L’idea, negli auspici di quel manipolo di valorosi, era (ed è) il primato della Giustizia.
Un atto costitutivo scarno ed esauriente. La robusta cultura del civilista “purosangue” non richiede molte parole per tracciare la geometria di regole essenziali e, d’altra parte, neppure per descrivere un sogno servono molte parole, ma piuttosto intensità di emozioni.
Da allora - e grazie a quello statuto ed alle emozioni che da esso traspaiono - la Camera ha seguito una linea d’azione prevalentemente culturale, tesa ad affermare il carattere intellettuale della professione.
Occasioni di incontro, convegni, studi: il civilista deve studiare ed ama farlo, non cessa di imparare lungo tutta la sua vita; l’avvocato è un umanista, vuole e deve conoscere l’uomo e perciò sente di dover senza sosta ampliare il suo bagaglio culturale.
Certo, già nel 1975 e poi sempre di più, si è profilata la necessità di interventi di protesta. Li ha richiesti un Legislatore divenuto sempre più ostile, forse perché ignorante; li hanno richiesti le condizioni di lavoro, progressivamente deterioratesi per una serie di ragioni ben note. Sono stati effettuati puntualmente quegli interventi, quando necessari od anche solo opportuni. Sono stati effettuati pacatamente, perché non serve alzare la voce per dare autorevolezza alle parole, e spesso hanno prodotto perciò risultati più efficaci delle astensioni e delle proteste clamorose cui gli avvocati hanno poi dovuto cedere e che ora hanno preso il sopravvento.
Non vi è una graduatoria cronologica ufficiale delle Camere Civili, ma quella di Napoli è stata, se non la prima, fra le primissime in Italia.
A riprova che Napoli può tuttora essere culturalmente all’avanguardia e che, come la sua storia, così il suo risveglio potrebbe assumere la cultura giuridico-forense e la tensione verso la libertà che essa esprime quali suoi punti di forza.
Poi le Camere Civili sono proliferate un po’ dovunque, hanno costituito l’Unione Nazionale delle Camere Civili, cui quella partenopea ha aderito e dove recita ora un ruolo di primo piano, partecipando con i propri delegati ai congressi ed alle assemblee nazionali, così come ai tanti incontri organizzati dagli organi nazionali e dalle altre camere territoriali.
Oggi la Camera partenopea attua frequenti interventi presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e, d’intesa con quest’ultimo, presso la Presidenza della Corte d’Appello e la Presidenza del Tribunale per i numerosi problemi legati alla vita forense: organizzazione ed orari delle udienze; esigenze logistiche; competenze tabellari; provvedimenti o comportamenti di questo o quel giudice ritenuti poco rispettosi dell’effettività o della dignità della difesa; organizza due assemblee l’anno per le consuete esigenze amministrative e per discutere temi associativi e professionali; traduce la propria linea culturale nell’organizzazione degli eventi destinati alla formazione permanente (nove o dieci incontri ogni anno, con cadenza mensile, ciascuno destinato ad un argomento civilistico, svolto dalle relazioni di avvocati, magistrati, docenti universitari e, quando il tema lo richiede, anche di altri professionisti) e di convegni destinati all’approfondimento di temi culturali, giuridici e non, spesso pensati insieme ad altre Associazioni ed Ordini, come quello dei Notai e quello dei Dottori Commercialisti.
Non possiamo trascurare il contingente, ma desideriamo conservare i valori.
Siamo proiettati verso il futuro, ma vorremmo misurare la modernità col metro del rispetto per gli altri e dell’intensità dei sentimenti. Ci muoviamo tra legalità e cultura, per ricordare che la Giustizia è libertà, non mercato.
Andrea Pisani Massamormile